Il Divin Codino: la recensione
Su Netflix, rivive la parabola calcistica (e umana) di Roberto Baggio
Che film è Il Divin Codino su Netflix? Me lo sto ancora chiedendo mentre i titoli di coda scorrono accanto alle immagini dell’ultima partita del “vero” Roberto Baggio.
Senza dubbio si tratta di un omaggio sentito che la regista Letizia Lamartire e il credibile Andrea Arcangeli nel ruolo del protagonista fanno a quello che probabilmente è il più grande calciatore italiano di ogni tempo e, indiscutibilmente, il più amato di sempre per distacco.
Più del compianto Paolino Rossi, più di Francesco Totti, Gigi Riva o Alessandro Del Piero. Sì, perché se questi grandi campioni sono stati simboli delle proprie squadre di appartenenza, Baggio è stato universale non solo per aver indossato le casacche di compagini diverse ma anche perché il suo talento cristallino ha elevato il calcio a espressione poetica, carica di un lirismo e di una soave vena di struggente romanticismo. “Un eccellente giocatore circondato da un’aura di melanconia” disse di lui Jorge Valdano.
Roby e Andreina ai tempi del Vicenza
Eppure in questa pellicola che resta da vedere – a differenza di quanto scrive con saccenza un celebre portale che si occupa di cinema, che ha criticato la dimensione “popolare” del film, come se Baggio non fosse figlio prediletto e amatissimo della gente comune – qualche sbavatura è ben evidente: la prima è l’eccessiva pervasività degli sponsor inseriti in qualche scena completamente inutile e che davvero stona nell’affresco narrativo intriso com’è di epica nostalgia.
A questo, si aggiungono gli ampi salti temporali, due da sei anni ciascuno, che finiscono per fagocitare momenti importanti della vita di Baggio come la rivolta di Firenze alla notizia della sua cessione alla Juventus poco prima di Italia ’90 (non viene mostrato neanche il primo leggendario gol mondiale alla Cecoslovacchia), la vittoria della Coppa Uefa con i bianconeri e la conquista del Pallone d’oro e del World Best Player. Oppure i contrasti con Lippi e la “Notte Magica” dello spareggio con il Parma, in cui con due gol portò l’Inter in Champions.
L’errore dal dischetto nella finale del mondiale persa contro il Brasile
Niente sul lato più solare di questo fuoriclasse che amava fare scherzi ai compagni. Al massimo, qualche concessione al sarcasmo negli scambi spesso durissimi con il padre (straordinario quelli mentre sono a caccia).
Il film, dunque, è incentrato tutto sulla capacità di questo irripetibile fuoriclasse di cadere e rialzarsi nonché sul tormentato rapporto con papà Florindo (un magnifico Andrea Pennacchi). Magnifica, poi, la colonna sonora che spazia da Vasco Rossi a Malika Ayane, che reinterpreta Self Control di Raf, fino agli Oasis, a Bruce Springsteen e, naturalmente, a Diodato che dedica al genio di Caldogno la stupenda L’uomo dietro il campione.
Bravissima anche Valentina Bellè, nei panni di Andreina, moglie e vera colonna su cui Baggio ha costruito le sue numerose rinascite, insieme al buddismo e all’amore incondizionato della gente, che ha ampiamente bilanciato l’ostilità di tanti allenatori, Carletto Mazzone (nel film è interpretato da Martufello) escluso, of course.
In definitiva, Il Divin Codino è un tributo parziale ma godibilissimo a un uomo di sport unico, un campione umile e spirituale, che non smetteremo mai di rimpiangere perché è proprio vero che senza di lui, la domenica non è più la stessa…
VOTO: 7
P.S. A corredo del film ci sono anche una docu-interview e un’intervista al “Divino” oltre che al cast, dove è lo stesso Baggio a raccontare le sue impressioni.
Una risposta.
Commosso nel ricordare un campione vero, attraverso la recensione del film. Benissimo rivivere le prodezze calcistiche che hanno dato tante soddisfazioni ai tifosi italiani e non. Grazie