Ghostbusters Legacy – La recensione

Ghostbusters Legacy – La recensione

Il ritorno sul grande schermo di un franchise epocale tra omaggi, nostalgia e qualche vorrei ma non posso di troppo…

Lo confesso… sono davvero indeciso su cosa pensare. Figuriamoci se si tratta di trasformare le mie impressioni di Ghostbusters Legacy in una recensione. Dopo il film mi è stato detto: “Hai riso e ti sei commosso… cosa vuoi di più?
Già vero, non lo so nemmeno io cosa avrei voluto. Eppure non riesco a superare questo senso di spiazzamento, di mancato riconoscimento rispetto a una delle saghe cinematografiche a cui sono più affezionato sin da quando ero bambino.

Vuoi perché i protagonisti sono inevitabilmente cambiati, vuoi perché New York e i Ghostbusters sono una cosa sola. Vuoi anche che nella Hollywood odierna si compongono i cast più in base alle mode, che per necessità narrative. Siamo infatti passati dalla sciagurata versione delle Ghostbusters al femminile con annesso il bel babbacione di turno (leggasi “l’asgardiano” Chris Hemsworth, mai più sprecato di così in un ruolo davvero mortificante) alla generazione di Stranger Things, con tanto di arruolamento di Finn Wolfhard nei panni di Trevor, nipotino del mai troppo compianto Egon Spangler/Harold Ramis.

Ma la vita cambia in oltre trent’anni, così come cambiano le atmosfere: si passa dalla metropoli dell’era reganiana, dunque, al polveroso Oklahoma postindustriale (e post Trump). Dal sogno americano realizzatosi della “ditta” Ghostbusters, fondata da tre scienziati ridotti sul lastrico e cacciati dall’università per il loro discutibile (dis)impegno scientifico, al risveglio traumatico di un’America che si riscopre improvvisamente povera, orfana della sua stessa grandezza e costretta a cercare una possibilità di sopravvivenza nel cuore di quella che da noi avremmo definito “provincia bucolica e decadente”, dove nemmeno i continui e strani terremoti scuotono più gli animi degli autoctoni.

Strappano sorrisi le citazioni del vecchio film e brillano per recitazione il sempre grande Paul Rudd/Gary Grooberson e Carrie Coon/Callie Spengler, ai quali sono legate quasi tutte le scene più esilaranti del film. Mckenna Grace/Phoebe Spengler, il già citato Finn Wolfhard/Trevor Spengler, Celeste O’Connor/Lucky e Logan Kim/Podcast sono simpaticissimi, talentuosi e regalano brio ma sinceramente non ti viene da pensare a loro quando ti chiedi “…E chi chiamerai?
Anche perché, guardando le due scene nascoste dei titoli di coda in stile Marvel movie, difficilmente si può presumere che si possa portare avanti in toto l’attuale “asset” e gettano clamorosamente le basi a un possibile ritorno in gioco, e non in solo in termini di cameo, della vecchia formazione Venkman-Stantz-Zeddemore.

ATTENZIONE “MINI-SPOILER”!!!
Ora, chi ha letto altre mie recensioni sa che non amo svelare particolari troppo invasivi dei film ma mi riesce impossibile non rivelare che Egon Spengler, in qualche modo, sarà presente nella pellicola e viene omaggiato com’è giusto che sia. Un tributo generoso e sentito per un’assenza/presenza che pesa terribilmente. Alla sua apparizione e a quella degli altri Acchiappafantasmi originali mi sono sinceramente commosso. Credo che sia dipeso dal fatto che sono stato un po’ colto alla sprovvista e travolto dalla consapevolezza dello scorrere inesorabile del tempo; un tempo che non tornerà indietro e i cui segni sono tutti visibili sul viso dei nostri eroi d’infanzia con lo zaino protonico.

Teatro e film devono suscitare emozioni e questo Ghostbusters Legacy, che propone effetti speciali top di gamma con un sano gusto retrò, è un film riuscito, nonostante fantasmi un po’ troppo “rispettosi” dei tragitti stradali negli inseguimenti (potrebbero facilmente seminare i loro giovani inseguitori volando su campi e case ma no, non ci pensano nemmeno) o l’apparizione piuttosto fugace del “Big Boss” dei fantasmi.

Anche il personaggio di Ivo Shandor, il cui inserimento nel film è una trovata eccellente per allacciare i fili della continuity con il primo capitolo della saga, a mio avviso non viene sfruttato nel migliore dei modi.
Cosa dire? Sperando che si tratti solo di un antipasto, sono state gettate (nuove) basi e penso che tanti come me dovranno abituarsi all’idea che si è aperto un capitolo nuovo e inesplorato. Bicchiere mezzo pieno. Quasi. Voto: 7 di stima.

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