Speravo de morì prima

Speravo de morì prima

Recensione della serie tv Sky dedicata a Francesco Totti

di Rocco Leo

Sin dalle prime immagini legate all’infortunio, la serie Speravo de morì prima, disponibile su Sky dal 19 marzo, racconta meravigliosamente gli scorci conclusivi della straordinaria carriera di Francesco Totti, uno che il calcio lo ha impersonato nel suo essere bandiera di una squadra, la Roma, e della città Roma… almeno dal punto di vista della sponda giallorossa.

La narrazione, arricchita da numerosi e ben predisposti flashback che raccontano l’apogeo calcistico dell’Ottavo re di Roma come amano chiamarlo i suoi tifosi, vive sullo scontro liricamente titanico tra i due principali protagonisti: l’ex-numero 10 e Luciano Spalletti, prima amici fraterni, poi acerrimi nemici, un po’ come Cesare e Marco Antonio.

A separarli, il fatto che Totti, interpretato da Pietro Castellitto, non abbia difeso il suo vecchio allenatore quando nel 2009 fu esonerato dalla dirigenza romanista.
Gli scontri, le frecciate, le interviste al vetriolo vengono riportate con grande realismo, fino alla famosa “cacciata” di Totti da Trigoria alla vigilia di uno storico Roma-Palermo, durante il quale Spalletti, inquadrato nel maxischermo, viene sonoramente fischiato dai suoi stessi tifosi.

Fenomenali Gianmarco Tognazzi nei panni dell’allenatore toscano e Greta Scarano in quelli di Ilary Blasi: in entrambi i casi, li ricordano in maniera straordinaria per atteggiamenti, movenze e persino per come parlano.

Rimando alle prossime puntate Castellitto perché, a prima vista, sembra un tantino inespressivo e meno sorridente del vero Totti, al quale dobbiamo dire un grande grazie per essersi affidato a Paolo Condò nella realizzazione del suo libro autobiografico, Un capitano, dal quale sono tratti gli eventi narrati di questa serie della quale sentiremo parlare a lungo e che, sono certo, verrà acclamata anche a livello internazionale.

Dopo aver visto i primi due episodi, si può dire che gli ingredienti di un grande successo ci sono tutti: regia illuminata, quella di Luca Ribuoli, atmosfera del periodo centrata perfettamente, cast eccellente – se si contano anche Monica Guerritore e Giorgio Colangeli a interpretare Fiorella ed Enzo Totti –, ritmo serrato, ottima la colonna sonora e, soprattutto, la potente nostalgia che accompagna il protagonista nel dover fare i conti con il tempo che passa, più agli occhi degli altri che ai propri.

La maledizione del talento sportivo è tutta qui: vedere il proprio corpo non tenere più il passo di quello che lo stesso Totti efficacemente definisce “Il Dono”.

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